Forse il luogo più carico di storia della Comunità Ebraica di Milano è il Cimitero Monumentale, dove per quasi un secolo e mezzo sono state raccolte le vestigia dei suoi membri più illustri, testimoniandone le opere e i pensieri, ma anche le ossa di uomini e bimbi oggi ignoti. Lì, a partire dal 1870, sono stati sotterrati oltre 1800 ebrei in una decina di splendide edicole, circa mille tombe, spesso monumentali, oltre a duecento colombari e altrettanti ossari, non comuni nella tradizione ebraica. Uno straordinario patrimonio artistico e culturale non molto conosciuto, ma che testimonia meglio di ogni altro documento la natura e il ruolo dell’ebraismo milanese[1]. Eppure, questo luogo, dove “sono testimoniati sia i caratteri della cultura ebraica, sia il profondo radicamento e l’assimilazione della Comunità nel tessuto sociale della città”[2], è poco citato dalle guide nè è meta frequente di visite.
Se prima dell’emancipazione è possibile ritrovare in Italia, piccoli cimiteri ebraici fuori le mura, successivamente la situazione cambiò profondamente. Infatti, vennero realizzati “nuovi cimiteri in aree più periferiche delle città o situati nelle vicinanze dei cimiteri comunali o attivando sezioni israelitiche all’interno dei grandi cimiteri cittadini.”[3]
A Milano, verso la fine degli anni Sessanta dell’Ottocento, dopo che per oltre quindici secoli gli ebrei erano stati tenuti fuori dalla città, il piccolo cimitero ebraico di Porta Vercellina, così come i precedenti cimiteri di porta Tenaglia e porta Magenta, risultavano inadeguati per l’accresciuta Comunità, arricchita da una forte immigrazione proveniente da oltre settanta piccole città italiane e altrettante europee. Il Comune di Milano assegnò agli israeliti, a testimonianza del ruolo da loro assunto nel tessuto economico, culturale e politico della città, un reparto speciale del nuovo grande Cimitero Monumentale, disegnato da Carlo Maciachini, architetto allora sconosciuto ma risultato vincitore della gara bandita. All’inizio l’ala dedicata agli israeliti, situata a levante dell’ingresso principale, in posizione simmetrica a quella degli acattolici, conteneva solo tre campi. Ben presto fu tuttavia necessario ampliarne il perimetro sul lato meridionale e quello orientale in modo da poter costruire altri tre campi oltre ad un “allargamento”. Tuttavia, anche questa soluzione si dimostrò inadeguata, così, a partire dal 1895, il Comune mise a disposizione degli ebrei parte del nuovo Cimitero Maggiore, noto col nome Musocco: è il così detto Campo VIII. Da allora il Cimitero Monumentale accolse solo le sepolture degli ebrei illustri mentre gli altri finirono al Musocco.
Lo studio delle lapidi e dei sepolcri del Riparto Israelitico del Cimitero Monumentale mostra come nel corso del XIX secolo i simboli della cultura ebraica si siano intrecciati con quella della società civile italiana in un lento processo d’integrazione e assimilazione. Appare così evidente da un lato il contributo fornito dai membri della Comunità alla vita della città, dall’altra come la fattura delle opere spesso si allontani dall’ortodossia ebraica riecheggiando, invece, modelli cristiani. Questo soprattutto quando si ritrovano scolpiti i volti dei defunti o delle persone a essi vicine o altri simboli lontani dalle tradizioni mosaiche o quando troveremo ebrei sepolti in colombari o cremati e poi sotterrati o infine la scarsità di scritte in ebraico.[4] La tragica esperienza del fascismo e del nazismo interromperà questo fenomeno. Così che il nuovo cimitero eretto a fianco del Cimitero Maggiore fra il marzo del 1938 e il giugno del 1939 (a cavallo delle leggi razziali) e tuttora in uso presenta una ben maggiore semplicità e aderenza ai canoni tradizionali ebraici.
Questa breve guida, dopo una rapida storia della comunità ebraica di Milano negli ultimi venti secoli, passa a una breve disanima del concetto di morte nel mondo ebraico e a una descrizione del rito funebre mosaico, inclusa l’antica usanza di recitare il Kaddish e di deporre piccole pietre sopra le tombe. Nella seconda parte del libro si illustra la struttura generale del cimitero prima di passare a una puntuale descrizione delle principali sessantasette tombe, sia sotto l’aspetto architettonico che della storia del defunto e del suo ruolo nella società milanese. Un percorso guidato che vi farà scoprile il fascino nascosto di questo incantato luogo.
Note
[1] Carla De Bernardi e Lalla Fumagalli (a cura) “Un Museo a celo aperto. Il Cimitero Monumentale di Milano” 2013; Anna Linda Callow, “Epitaffi del Cimitero Monumentale e del Cimitero Maggiore di Milano”, in a cura di Stefania T. Salvi, “Tra Cultura Diritto e Religione, Sinagoghe e cimiteri ebraici in Lombardia, Corberi Sapori Editori, Milano, 2013
[2] Giovanna Ginex e Ornella Selvafolta, “Il Cimitero Monumentale di Milano” Silana Editore, 1999, p. 189
[3] Andrea Morpurgo, “Il cimitero ebraico in Italia. Storia e architettura di uno spazio identitario” Quodlibet Studio. Città e paesaggio. Saggi, 2013
[4]Anna Linda Callow, “Epitaffi del Cimitero Monumentale e del Cimitero Maggiore di Milano”, in a cura di Stefania T. Salvi, “Tra Cultura Diritto e Religione, Sinagoghe e cimiteri ebraici in Lombardia, Corberi Sapori Editori, Milano, 2013